Via Boccaccio
I tabernacoli di firenze
IL TABERNACOLO
Tabernacolo
All’interno dell’edicola in pietra, chiusa da una grata di ferro a corde attorcigliate, fino a poco tempo fa erano visibili tracce dell’originaria pittura murale, raffigurante una Madonna col Bambino, che tiene in mano un fiore, ispirata a modelli cinquecenteschi. Adesso, invece, l’interno dell’edicola ospita una gradevole tavola, dipinta con la tecnica della pittura a calce, eseguita da Emanuele Capozza.
Affresco
L’opera, posta sopra l’affresco originale da cui trae ispirazione, si rifà stilisticamente alla corrente purista ottocentesca, riprendendo quindi anch’essa l’arte rinascimentale: al centro la Madonna, vestita col suo tradizionale manto blu, da cui fuoriescono appena alcune ciocche di capelli e fermato al centro del petto da un prezioso quanto semplice fermaglio, è seduta su una sedia di cui s’intravede un bracciolo decorato (come in alcune opere di Antonio Rossellino, presenti in copia
in altri tabernacoli stradali fiorentini). La Vergine Maria, ritratta con un’espressione assorta del volto, tiene sulle ginocchia il Bambino: quest’ultimo, dalla corporatura abbastanza robusta, l’atteggiamento più vivace e raffigurato con un mazzo di gigli bianchi in mano (simbolo di verginità, purezza e candore), volge lo sguardo verso destra, in direzione dello spettatore, ma forse anche oltre; la scena è ambientata in un interno domestico ma, dalla finestra, si può scorgere un bel paesaggio collinare, con alberi ed un corso d’acqua, ovvero un paesaggio simile alla pendice della collina di Fiesole, su cui si erge Villa Palmieri-Benelli col suo parco, e la sottostante vallata del torrente Mugnone.
L'AUTORE
Emanuele Capozza
Proveniente da una famiglia di artisti (il suo prozio paterno, Arnolfo Testi, fu ottimo pittore novecentesco le cui opere decorano alcune storiche chiese fiorentine, così come è da ricordare la bottega di scultura che la famiglia Testi ebbe a Firenze dall’Ottocento fino al 1929), Emanuele Capozza, fiorentino, fin dalla tenera età si dedica con passione al disegno ed alla pittura.
Laureatosi in Architettura, dal 2006 egli inizia a realizzare lavori in malta, gesso e stucco, applicati su tavole lignee. Appresa dal 2012 anche la tecnica dell’affresco da esperti restauratori, come Guido Botticelli e Fabrizio Bandini, ed eccelsi pittori, quali Silvestro Pistolesi e Gigi Gheri, il Capozza si cimenta anche in questa antica arte fiorentina, che trasmette ai suoi allievi della Scuola d’Arte Sacra di Firenze, dove egli insegna. Membro della International School of Fresco Technique, dal 2018 l’artista perfeziona inoltre le sue capacità di disegno dal vero e ritrattista, cercando di cogliere la vera essenza e l’espressività dei soggetti rappresentati. Il tabernacolo di Villa Palmieri-Benelli, dunque, rinasce e torna ad essere di conforto per i passanti, grazie alla cura dei proprietari, la famiglia Benelli, ed al sapiente lavoro di Emanuele Capozza, artista versatile che è riuscito ad elaborare un suo personale stile artistico.
Laureatosi in Architettura, dal 2006 egli inizia a realizzare lavori in malta, gesso e stucco, applicati su tavole lignee. Appresa dal 2012 anche la tecnica dell’affresco da esperti restauratori, come Guido Botticelli e Fabrizio Bandini, ed eccelsi pittori, quali Silvestro Pistolesi e Gigi Gheri, il Capozza si cimenta anche in questa antica arte fiorentina, che trasmette ai suoi allievi della Scuola d’Arte Sacra di Firenze, dove egli insegna. Membro della International School of Fresco Technique, dal 2018 l’artista perfeziona inoltre le sue capacità di disegno dal vero e ritrattista, cercando di cogliere la vera essenza e l’espressività dei soggetti rappresentati. Il tabernacolo di Villa Palmieri-Benelli, dunque, rinasce e torna ad essere di conforto per i passanti, grazie alla cura dei proprietari, la famiglia Benelli, ed al sapiente lavoro di Emanuele Capozza, artista versatile che è riuscito ad elaborare un suo personale stile artistico.
LA STRADA
Villa Palmieri-Benelli
Proseguendo lungo via Boccaccio, in direzione nord, sulla destra si apre la proprietà di Villa Palmieri-Benelli.
Qui nel Trecento sorgeva l’antico Palagio alla Fonte dei Tre Visi (per la presenza forse di una fontana adorna di una testa di Giano a tre facce), posseduto dalla famiglia Fini: sarebbe proprio questa la villa con bellissimo giardino in cui il Boccaccio avrebbe ambientato il suo Decamerone, il luogo dove i giovani, protagonisti dell’opera, si sarebbero rifugiati per scampare alla terribile peste del 1348.
Nel 1454 la villa fu acquistata da Marco Palmieri, titolare della spezieria del canto alle Rondini (attuale via Pietrapiana angolo via Verdi, in zona Sant’Ambrogio) e padre del più celebre Matteo, autore del poema Città di vita. Nel 1697 Palmiero Palmieri ingrandì l’edificio ed il giardino circostante, realizzando il loggiato a cinque arcate, la terrazza verso sud e le scalinate curvate.
Dopo essere stata di proprietà, fra gli altri, anche della granduchessa Maria Antonia di Toscana, nel 1873 la villa venne acquistata dallo scozzese Alexander Lindsay, conte di Crawford e Belcarres: Lord Crawford fece realizzare il grande parco romantico all’inglese (assai di moda in quell’epoca), con piante esotiche, architetture ad effetto ed una cappellina neobarocca. Su alcuni alberi del parco vi sono delle targhe che ricordano i soggiorni che la celebre regina inglese Vittoria fece presso la villa nelle primavere del 1888 e del 1893. In precedenza nella villa vi abitarono anche lo scrittore Alexandre Dumas padre, che a quel luogo dedicò una sua opera, Villa Palmieri (1843), ed il principe di Montfort. La facciata della villa, oggi imbiancata, nel Settecento presentava una decorazione a formelloni forse bruni su fondo giallo, oltre ad un affresco barocco attorno al portone centrale; tale decorazione scomparve coi restauri del secondo dopoguerra.
Qui nel Trecento sorgeva l’antico Palagio alla Fonte dei Tre Visi (per la presenza forse di una fontana adorna di una testa di Giano a tre facce), posseduto dalla famiglia Fini: sarebbe proprio questa la villa con bellissimo giardino in cui il Boccaccio avrebbe ambientato il suo Decamerone, il luogo dove i giovani, protagonisti dell’opera, si sarebbero rifugiati per scampare alla terribile peste del 1348.
Nel 1454 la villa fu acquistata da Marco Palmieri, titolare della spezieria del canto alle Rondini (attuale via Pietrapiana angolo via Verdi, in zona Sant’Ambrogio) e padre del più celebre Matteo, autore del poema Città di vita. Nel 1697 Palmiero Palmieri ingrandì l’edificio ed il giardino circostante, realizzando il loggiato a cinque arcate, la terrazza verso sud e le scalinate curvate.
Dopo essere stata di proprietà, fra gli altri, anche della granduchessa Maria Antonia di Toscana, nel 1873 la villa venne acquistata dallo scozzese Alexander Lindsay, conte di Crawford e Belcarres: Lord Crawford fece realizzare il grande parco romantico all’inglese (assai di moda in quell’epoca), con piante esotiche, architetture ad effetto ed una cappellina neobarocca. Su alcuni alberi del parco vi sono delle targhe che ricordano i soggiorni che la celebre regina inglese Vittoria fece presso la villa nelle primavere del 1888 e del 1893. In precedenza nella villa vi abitarono anche lo scrittore Alexandre Dumas padre, che a quel luogo dedicò una sua opera, Villa Palmieri (1843), ed il principe di Montfort. La facciata della villa, oggi imbiancata, nel Settecento presentava una decorazione a formelloni forse bruni su fondo giallo, oltre ad un affresco barocco attorno al portone centrale; tale decorazione scomparve coi restauri del secondo dopoguerra.
Luogo
La strada (attuale via Boccaccio) che in origine passava da un tunnel sotto la terrazza anteriore della villa, venne deviata più a valle da lord Crawford: questi, sul nuovo tracciato costituitosi, fece costruire a proprie spese un piccolo ospizio, usato come luogo di sosta dai confratelli della Misericordia di Fiesole e di Firenze, che qui si scambiavano il trasporto dei malati, a mo’ di staffetta.